Perché questo convegno
di Piero Meucci e Severino Saccardi
Piero Meucci. Benvenuti al tradizionale appuntamento annuale che «Testimonianze» dedica all’Europa e che questa volta non si tiene in presenza, ma sulla piattaforma StreamYard, con l’aiuto del nostro regista Cesare Martignon, che ringraziamo. Ci troviamo in un momento cruciale per l’Europa, una situazione che è sotto gli occhi di tutti. Il Governo sta lavorando per mettere a punto la Nota aggiuntiva al Documento di programmazione economica e finanziaria, nel quale dovranno essere previsti e integrati i miliardi che arriveranno dal Fondo di ripresa, il Recovery Fund dell’Europa. Questo fondo rappresenta uno dei momenti di maggiore solidarietà europea, di fronte alla pandemia che infuria in questi mesi.
Nei giorni scorsi il presidente del Consiglio europeo, Charles Michel, ha sostenuto che l’Europa è grande, deve prendere fiducia in sé stessa e affermare la sua autonomia, garantendo la stabilità ambientale ed economica. E anche la presidente di turno del Consiglio dell’Unione europea, Angela Merkel, ha voluto stabilire cinque priorità: lo stato di diritto, la solidarietà e la coesione, la lotta al cambiamento climatico, la digitalizzazione, il ruolo dell’Europa nel mondo.
Inoltre, la cancelliera tedesca ha voluto espressamente sottolineare quanto la pandemia non debba essere un pretesto per erodere i diritti democratici, riferendosi in particolare a paesi come l’Ungheria e la Polonia, nei quali sembrano essere a rischio i principi stessi dello Stato di diritto. L’attuale dibattito tra i membri dell’Unione non si limita infatti alle questioni riguardanti i fondi e i finanziamenti, andando invece a toccare molte problematiche, tra cui per esempio la necessità di formalizzare un nuovo patto sui migranti. Un tema che sicuramente verrà ripreso all’interno dei lavori della prossima Conferenza sul futuro dell’Europa. Abbiamo quindi molti argomenti e importantissimi ospiti e testimoni che li affronteranno. Cominciamo allora da Severino Saccardi, direttore della rivista «Testimonianze» che, ricordiamo, ogni anno organizza questo Convegno dedicato all’Europa, e con il quale coordinerò l’incontro di oggi.
Severino Saccardi. Un saluto a voi tutti e grazie, Piero, per queste tue parole. Piero sarà conduttore di questo nostro momento di incontro, mentre io farò un po’ «da spalla». Come veniva ricordato, questo è un incontro promosso da «Testimonianze», la nostra rivista, e da «Europe Direct», che è un importante ente che si occupa di promozione della cultura europea.
Prima di tutto, devo ringraziare tutti quelli che hanno lavorato alla realizzazione di questo Convegno: Piero, appunto, Miriana, Victor «Coto» Montenegro e Cesare, che è il nostro regista. Quindi un saluto a tutti voi e un ringraziamento agli interlocutori autorevoli che oggi dedicheranno un po’ del loro tempo a discutere con noi e a riflettere su un tema che è di importanza vitale.
È un Convegno, un vero e proprio Convegno anche se, come veniva detto, viene realizzato in una forma particolare, a distanza, una dimensione che però può servire anche ad ampliare l’uditorio. Sono forme nuove, con cui è importante misurarsi e con cui si devono misurare anche le riviste di cultura, come la nostra, che Ernesto Balducci fondò, nel lontanissimo ormai 1958, come strumento per la cultura del dialogo. Le riviste di cultura non vanno infatti intese come arcaici strumenti novecenteschi. Tornerò anche dopo su questo punto. Nel caso della nostra rivista, c’è certo il riferimento di fondo alla pubblicazione cartacea, ma potete seguirci anche sulla nostra pagina Facebook, così come su YouTube o nel nostro Sito, dove potete seguire in diretta o rivedere questo evento. Si potrebbe partire da una secca e semplice domanda di fondo, avviando questo nostro confronto: perché l’Europa? Perché occuparsi di Europa? Ovviamente la risposta più semplice sarebbe quella che potrebbe essere formulata così: perché è un tema che si impone da sé, in questo momento.
Ma per quello che riguarda la specifica, particolare (e pluridecennale) esperienza di «Testimonianze», vorrei ricordare che l’attenzione a tale, grande, questione è in coerenza e in linea anche con un percorso e con una storia.
Ernesto Balducci, fondatore e poi animatore della nostra rivista per tanti anni, era un pensatore fortemente anti-eurocentrico: era contro l’idea della centralità dell’Europa fondata sul senso di superiorità e sul disconoscimento dell’altro, anche se egli stesso – che da un certo punto di vista, si potrebbe dire che avesse posizioni terzomondiste – era poi nutrito della migliore cultura critica, teologica, filosofica, politica e storica occidentale. E va anche detto, all’interno e all’insegna di una scelta condivisa anche con la redazione, con tutti noi, che non ha mai fatto l’errore di trascurare il tema, fondamentale, dell’identità europea. I nostri convegni – quando essi attiravano centinaia e migliaia di persone, il «popolo della pace» – si occupavano di temi «europei», e, quando ancora il mondo era diviso in blocchi e l’Europa era divisa in due, già si parlava di un’Europa di pace dall’Atlantico agli Urali, dell’Europa in movimento, dell’Europa come casa comune. Balducci volle per gli ultimi due convegni della serie Se vuoi la pace prepara la pace che realizzammo quando egli era ancora in vita che si chiamassero Colloqui europei; un’ispirazione che d’altra parte gli derivava e che egli ricavava anche dalla lezione di Giorgio La Pira.
Ora molta acqua è passata sotto i ponti e l’unità europea è un fatto compiuto – anche se vi sono contraddizioni e incongruenze all’interno dell’Unione – e il «tema Europa», come dicevamo prima, si impone da sé. Da tale dimensione non possiamo prescindere per affrontare seriamente la situazione sanitaria e la situazione economica, cioè le contingenze gravi che stiamo vivendo e che ci fanno riflettere, nell’immediato, su ciò che, di drammatico, abbiamo vissuto e che stiamo ancora vivendo. Una situazione che, nell’immediato, spinge verso una reazione di chiusura.
Si chiudono le frontiere, ci si rinserra nel proprio Stato, ci si affida ad esso e alla propria sanità pubblica, laddove c’è, tanto che gli stati e i governi diventano perfino popolari come elementi di rassicurazione a cui potersi appigliare.
Però poi realizziamo che solo tutti insieme possiamo trovare una via di scampo e di salvezza. Per chi vive in un contesto come il nostro, il riferimento più diretto per l’interdipendenza è per l’appunto quello dell’Unione europea, quello dell’unità europea, un ambito in cui si sono verificati passaggi notevoli, come quelli che venivano sottolineati prima da Piero Meucci, ovvero il Recovery Fund, il nuovo asse tra Germania, Francia e paesi del Sud ma anche, per fare una breve incursione nella politica nostrana, pensiamo al voto favorevole del Movimento 5 Stelle alla presidenza di Ursula Von der Leyen. In linea con tali considerazioni, noi oggi abbiamo scelto di sottolineare tre aspetti, come banchi di prova, come sfide dell’Unione europea, di questo progetto che, nonostante tutto, fra mille contraddizioni e mille ritardi, va avanti: la politica, per cui l’Europa è chiamata a decidere se assumere una più precisa fisionomia e più precise prerogative istituzionali, dal punto di vista del governo dell’Unione; l’economia, ovvero come uscire dalla crisi e come assicurare la giustizia sociale (ne discuteremo dopo anche con Maurizio Landini, che ringraziamo, insieme agli altri amici, per la sua presenza; e infine, non certo come elemento secondario, la sfida legata alla cultura. Se l’Europa non ha consapevolezza delle sue ricche e variegate radici (dell’Europa continentale mediterranea, slava, latina, germanica) della sua pluralità di anime e di identità, che si fondono però in un comune spirito umanistico e che comunemente si basano sulla cultura dei diritti, se l’Europa è immemore di questo, l’Europa semplicemente «non è».
C’è molto da riflettere e l’Europa, senz’altro, in tutti questi ambiti ne ha molto di lavoro e di cammino da fare. Grazie della vostra attenzione.