Intervista a Dario Nardella
Dario Nardella, sindaco di Firenze, risponde gentilmente alle nostre domande sulla città che è chiamato a governare. Città complessa per tanti motivi: perché mondialmente conosciuta, e riconosciuta come patrimonio dell’umanità, per il suo immenso bagaglio culturale, per le sfide poste dal turismo di massa, dalla convivenza di culture e religioni diverse, dalla modernità, dalla difesa dell’ambiente. Nell’anniversario di Firenze capitale, il sindaco ha voluto convocare a Firenze i primi cittadini di importanti centri urbani del mondo, a sessanta anni dallo storico incontro organizzato da Giorgio La Pira nel tempo della Guerra fredda. I problemi sono mutati, ma le sfide non sono certo minori e fondamentale è certamente la necessità di riflessione, proprio a partire dalle istituzioni che sono più vicine alla vita dei cittadini.
D. In Autunno, saranno convocati a Firenze i sindaci di importanti città e realtà del mondo. Un evento che si verifica nello stesso anno in cui si celebra la ricorrenza di Firenze capitale. C’è un legame fra questi due aspetti (fra gli eventi legati all’attualizzazione del ruolo di Firenze capitale e la riproposizione del tema, di ispirazione lapiriana, del ruolo e della vocazione internazionale della nostra città)?
R. Questo appuntamento è stato da me fortissimamente voluto fin dall’inizio della legislatura e verrà realizzato non solo nell’anno di Firenze capitale, e a 60 anni dal convegno lapiraniano che riunì a Firenze i più importanti sindaci del mondo, ma anche a pochi giorni dalla visita in città di papa Francesco. Tre eventi – storico, geopolitico, religioso – che fanno di Firenze una città protagonista e non provinciale.
D. Il 2015 è l’anniversario dello storico Convegno in cui La Pira invitò a Firenze i sindaci di grandi città appartenenti a Blocchi contrapposti (c’erano i «primi cittadini» di Mosca e Pechino) facendo firmare loro un patto di amicizia. C’era allora la Guerra fredda e l’iniziativa appariva strabiliante. Che senso può avere riunire oggi i sindaci del mondo in un tempo ed in un contesto storico così mutati?
R. Oggi non c’è più la Guerra fredda, è vero, ma il mondo non sembra meno conflittuale. Si sono spostati i confini e i temi degli scontri, l’integralismo religioso semina odio e terrore, l’immigrazione è vista come un’invasione, i danni ambientali hanno una rilevanza impensabile fino a qualche decennio fa. Riunire oggi i sindaci, coloro che governano le città e che sono più a stretto contatto con i cittadini, assume allora un nuovo significato: che la vera sfida globale può essere vinta solo coinvolgendo davvero le popolazioni e non travolgendole, a partire dalla figure istituzionali più a loro vicine.
D. Quali saranno i temi e quali le iniziative che verranno assunte nell’ambito del consesso fiorentino del prossimo autunno?
R. Terrorismo, ambiente, cultura: questi sicuramente i temi che troveranno spazio e dai quali verranno tratti conclusioni e spunti di lavoro.
D. Firenze è, vocazionalmente, «città del mondo», «città crocevia» e città della cultura. Essa vive di una grande storia e di una grande immagine, incorrendo tuttavia in una patente contraddizione e correndo un rischio evidente. Non va infatti sottovalutato il pericolo di una sua riduzione a «città Disneyland», puro oggetto (per quanto rilucente) turistico di consumo e di una provincializzazione della sua vita sociale e culturale. Come lavorare su questa contraddizione per far sì che la città sia
all’altezza della «grande Firenze» che viene celebrata nei libri di storia e nei convegni di studio?
R. Il turismo di massa è una risorsa ma anche un rischio: appunto quello di ridurre la permanenza fiorentina a poche ore «mordi e fuggi», con visitatori inconsapevoli di trovarsi in una città fulcro della civiltà artistica e storica occidentale, che si contentano di un selfie col David, magari la copia di piazza Signoria. Mi piace immaginare un’evoluzione più «educata» del turismo, in cui persone consapevoli non si limitano a dare un’occhiata, ma vogliono vedere coscientemente i nostri beni, vivendo Firenze con amore e rispetto. Da parte nostra sono anni che privilegiamo i visitatori che si fermano più a lungo e offriamo non una città monumentale ma un luogo ricco di fermento, iniziative, eventi, dalle migliaia di appuntamenti dell’Estate Fiorentina alle mostre e ai concerti che vengono organizzati durante tutto l’anno.
D. Firenze è anche «città del mondo», perché al suo interno circolano e vivono ogni giorno non solo migliaia e migliaia di visitatori, ma anche perché in essa vivono e convivono ormai culture diverse e «nuovi cittadini» provenienti da ogni parte del pianeta. E’ una grande sfida: quali sono le linee guida del Comune di Firenze per affrontarla?
R. Penso alla sfida più difficile, quella dei tanti disperati che vivono ai margini, dei richiedenti asilo, dei senza casa. Accoglienza nella legalità sono le nostre parole d’ordine. Ho spesso ripetuto in questi mesi che abbiamo lasciato alla destra la parola libertà per troppo tempo e non dobbiamo far lo stesso per la parola legalità. In un anno di mandato l’amministrazione ha effettuato 12 sgomberi. Abbiamo liberato immobili abitati illegalmente, dove anche i più piccoli vivevano nel degrado e nel pericolo. Per tutti loro è stata trovata una sistemazione da parte del Comune. Nessuno è stato lasciato per strada. Il nostro modello non prevede lo spauracchio delle ruspe caro a qualcuno, ma interventi mirati per ripristinare sicurezza e per indicare la via dell’ospitalità.
D. Una città è davvero «città del mondo» anche per il livello delle proprie istituzioni ed iniziative culturali. Questo è tanto più vero per una città come Firenze. Quali sono i punti-chiave e gli elementi di forza della politica dell’amministrazione comunale in questo decisivo ambito?
R. La cultura è davvero una leva su cui puntare non solo per Firenze ma per tutto il Paese. Pensiamo a esempi come Bilbao, città spagnola in decadenza, condannata a un destino di oblio fino all’apertura del Guggenheim e alla sua rinascita. Pensiamo, per restare in Italia, alla Torino che ha dovuto fare i conti con i mutamenti della Fiat e reinventarsi città post industriale. Firenze ha davanti a sé le sfide della modernità e dell’innovazione. Il suo incredibile passato non ne deve bloccare lo sviluppo. Negli ultimi anni la città ha visto la nascita del Museo Novecento, lo sviluppo di centri culturali contemporanei come la Strozzina, mostre innovative che hanno attirato grandi artisti internazionali del nostro secolo. Il tutto in un contesto di grande sviluppo urbano, con nuove infrastrutture come il nuovo Palazzo di Giustizia e il superbo Teatro dell’Opera, e i molti cantieri aperti, a partire dalle nuove linee della tramvia. Supportare questo fermento e gettare le basi per nuove strade, nuove idee e nuovi progetti: questi i compiti dell’amministrazione comunale.
D. A proposito di pluralismo religioso e culturale, una domanda puntuale e precisa al sindaco di Firenze: a quando la costruzione di una moschea (cioè di un luogo di culto capace di ospitare decorosamente i numerosi credenti islamici che qui vivono stabilmente) in questa nostra città?
R. Il dialogo con la comunità islamica, come con tutte le altre comunità religiose, è costante. Di una moschea si parla da anni. Aspettiamo un progetto da parte loro. Da parte dell’amministrazione, se il progetto è conforme al regolamento urbanistico e al piano strutturale, non ci sono veti. La paura e il sospetto nascono da ciò che non si conosce. Ma un luogo per pregare non deve fare paura.