di Giulia Checcucci
Gli anni che ci stanno alle spalle, soprattutto in questo nostro Duemila, sono stati frenetici e caratterizzati da cambiamenti (di carattere tecnologico e sociale) che gli adulti, ma anche, se non soprattutto, i giovani, hanno difficoltà a metabolizzare. Un mondo sicuramente più ricco di possibilità dal punto di vista strettamente materiale, ma difficile da vivere senza ansia. Un mondo nel quale il tempo, che pure si è «dilatato», sembra sempre mancare. Si avverte la necessità di una diversa disponibilità a miscelare vecchi valori e nuove frontiere della convivenza, all’insegna di una «riscoperta dell’anima», per dedicare più spazio a se stessi, agli altri, alla natura, alla vita.
In una sorta di vortice
Quale anima batte in questi nostri anni 2000? Farsi questa domanda presuppone di soffermarsi su tutto ciò che è accaduto nel mondo e nella nostra società fino ad oggi. In questi ultimi 20 anni circa, il mondo è andato sempre più veloce, tutto è diventato più frenetico, in una sorta di vortice che ha coinvolto ogni persona ed ogni ambito della vita.
Se guardiamo gli accadimenti, gli eventi e le innovazioni che si sono susseguiti, giorno dopo giorno, mese dopo mese, anno dopo anno, non possiamo che rimanere sconvolti da quanti cambiamenti ci siano stati, a differenza del secolo scorso, soprattutto nella visione della vita e delle relazioni. Ed è proprio qui che entra in gioco l’anima di questo periodo con, se vogliamo, un riferimento agli archetipi junghiani dell’Anima e dell’Animus, parti maschili e femminili ed elementi strutturali dell’inconscio collettivo.
In questo senso, pensando alla parte maschile e femminile che vive in ognuno di noi, possiamo notare il grande cambiamento di questi ultimi anni, nei quali la nostra società appare sempre meno schematica, più fluida, molto più libera, soprattutto sul piano dei costumi, dei ruoli nel lavoro e degli orientamenti sessuali.
Se da una parte assistiamo ad un crescente desiderio di apprendimento, di curiosità, apertura a nuovi orizzonti di senso, dall’altra possiamo osservare un crescente stato di stress, angoscia, paura, aumento di patologie psicologiche e psichiatriche, soprattutto tra i giovani.
La difficoltà di far coesistere parti del proprio Sé, il mettere d’accordo le proprie contraddizioni interne, il misterioso conflitto che agita gli animi e porta le persone a non sapere esattamente cosa fare, è sempre più evidente. Tanti non sanno come comportarsi, in che modo sentirsi a posto con la propria coscienza, con gli ideali ed i propri obiettivi, e sono alla ricerca di un diverso senso da dare alla propria esistenza. In questo mondo che va avanti, sempre più tecnico, meccanico, dove, in qualsiasi campo, si fa riferimento ad Internet, alle App, all’intelligenza artificiale, sembra quasi di doversi addentrare in una giungla, che, se da una parte offre un’indescrivibile meraviglia, dall’altra crea difficoltà, stress, incapacità di vivere serenamente e in maniera semplice e soddisfacente. Osservo tutto questo, cerco di trovare un’armonia in nuovi modi di stare al mondo, e mi accorgo che questi sono davvero tanto cambiati, rendendo la vita, più semplice da una parte, ma anche molto più complicata. È inevitabile, quindi, dover sempre stare al passo con qualsiasi novità, affidandosi a qualcosa che non sempre è perfettamente attendibile, preferendo un «fai da te» che porta ad altre difficoltà. Giusto per fare un esempio, ormai tutto si ricerca su Internet, anche diagnosi e cure, evitando così di chiedere chiarimenti alle persone preposte e competenti, le quali possono spiegare una patologia in maniera precisa ed esaustiva, esaminando il caso in ogni sua sfaccettatura e differenza da altro.
Possiamo affermare che Internet, il Web, le mille attività online, se da una parte nutrono e semplificano apprendimento e curiosità, dall’altra possono rendere più sterile e piatto un modo di comunicare, insegnare, apprendere. Ad aumentare, poi, il senso di vivere al di là o al di qua di uno schermo, in una sorta di posizione strategica dalla quale osservare il mondo, sia vicino che lontano, ecco che appaiono i social, vetrine dove tutto è possibile, dove possiamo incontrarci, curiosare, giudicare, invidiare, sentire ed esprimere ogni sensazione, emozione, sentimento.
Appare così molto semplice che, di questi tempi, le emozioni, le relazioni amicali e sentimentali sembrino perdere di importanza inciampando nella mediocrità, che i moti dell’anima abbiano uno spazio molto scarso, e che tutto sia «consumato» alla stregua di una «bevuta», soprattutto nel mondo giovanile.
Qualche passo indietro
Ma facciamo un passo indietro; dal 2000 ad oggi ci sono stati eventi storici estremamente importanti che hanno cambiato la vita delle persone, sia per quanto attiene al cambiamento di abitudini e consuetudini consolidate, sia per le novità che hanno aperto nuovi mondi.
L’anno 2000, con tutte le profezie di catastrofi e stravolgimenti, ha visto solo il Millenium Bag che non ha portato nessuna sciagura, a differenza del morbo della mucca pazza che ha creato panico ed ha fatto sì che aumentassero le persone che rinunciando alla carne, preferivano diventare vegetariani e vegani.
Nel 2001 sono crollate le Torri Gemelle a causa di un attacco del terrorismo islamico e il mondo si è trovato ad assistere impotente e sotto shock a qualcosa che nessuno avrebbe mai immaginato.
Ma la vita va avanti, arriva la moneta unica, l’Euro, che scatena critiche e rimpianti. La Lira esce di scena e, ad oggi, è difficile ricordare quanto pagavamo qualcosa perché ormai l’Euro è a tutti gli effetti la nostra moneta e, proprio i giovani, quelli nati alla fine del secolo scorso e quelli dal 2000 in poi, non sanno nemmeno quale sia stata la portata di questo cambiamento. Gli eventi di ogni anno sono tanti e portano infiniti mutamenti, soprattutto tra i giovani, che si adeguano velocemente a cambiamenti epocali, soprattutto dal punto di vista della comunicazione. Nel 2004, infatti, uno studente, Mark Zuckerberg, realizza un modo di comunicare tra persone di ogni Paese: nasce Facebook, il social network che rivoluziona il modo di entrare in contatto gli uni con gli altri. E poi arriverà Whatsapp nel 2009 e Instagram nel 2010, comprato nel 2012 da Mark Zuckerberg. Senza dimenticare nel 2007 il primo smartphone, l’iPhone di Steve Jobs. Nel 2014, poi, arriva Tiktok, dove chiunque può fare video, parlare, ballare, divertirsi, comunicare, insomma, fare qualsiasi cosa che, generalmente, in poco tempo, può diventare virale, aumentare i followers e i like.
Tutti questi avvenimenti velocissimi, scalzano il vecchio modo di esprimersi, irrompono nella vita delle persone e riescono a cambiare il modo di comunicare, soprattutto tra i giovani, ma non solo, perché anche le persone adulte sono affascinate dalla possibilità di comunicare, scambiare, farsi vedere, esibirsi, diventare «qualcuno», a seconda dei followers che riescono ad avere.
Quando rifiutavo di accendere il computer
A questo proposito posso iniziare a parlare in prima persona di ciò che vedo da tempo nelle mie sedute di psicoterapia.
Il primo cambiamento che ho notato negli scorsi anni è relativo al fatto che le persone non si incontrano più ma parlano attraverso messaggi, soprattutto su Whatsapp.
I primi tempi che ascoltavo le persone, continuavo ad immaginare, da ciò che raccontavano, che ci fosse stato un incontro per parlare, poi mi sono resa conto che «parlare» non voleva dire vedersi, guardarsi negli occhi, sentire la presenza dell’altro, toccarsi, ma tutto era affidato allo schermo del cellulare dove scorrevano righe e righe di parole. Se poi si fosse voluto dare più intensità, si sarebbe passati al «vocale», generalmente lunghissimo, che portava all’obbligo di ascoltare.
Spesso mi sono ritrovata a chiedere il perché di questo modo così meccanico di comunicare, ma dall’altra parte, in generale, non ho mai trovato risposta, soprattutto dai ragazzi. Generalmente, la risposta era «adesso è così», con uno sguardo meravigliato che lasciava poche possibilità di ribattere, se non cercando di far riflettere su diverse modalità di comunicazione. E allora mi sono chiesta cosa mi meravigliasse, perché non riuscissi a comprendere questa nuova modalità esistenziale: troppo avanti con gli anni? Troppo giudicante, un po’ come tante persone quando dicono «ai miei tempi»? Ebbene sì, è un po’ tutto questo, è l’appartenere ad una generazione che si incontrava al bar, che fissava per parlare dal telefono di casa, che doveva comprendere bene dove incontrarsi perché non esisteva il cellulare per sapere dove ci trovavamo, che usava lo stradario e non Google Maps, e tanto altro. In questo senso mi sono ritrovata a chiedermi quanta nostalgia provassi per i tempi passati ma, allo stesso tempo come la vita fosse più semplice con il cellulare, le App, Internet e tutte le attrezzature che ormai ci accompagnano quotidianamente. Adesso è più semplice avere tanti canali per vedere qualsiasi film o spettacolo, oppure qualcuno che basta chiamare per nome, che metta musica o accenda le luci, attrezzature che in casa riescono a sostituire i lavori domestici, fino ad arrivare alle fabbriche dove i robot sostituiscono operai e mano d’opera.
La riflessione che ho fatto e continuo a fare ogni volta che scopro nuovi modi di vivere e di organizzarmi, oppure ogni volta che parlo con i miei pazienti, è quella di essere in ascolto e aperta al cambiamento. Credo che, soprattutto per persone della mia generazione, sia spesso molto difficile, quasi come quando mi parlarono per la prima volta di imparare ad usare il computer. Erano gli anni Novanta e io mi rifiutavo anche solo di accenderlo, questo aggeggio assolutamente sconosciuto e quasi pericoloso. Poi, obbligata dai cambiamenti al lavoro, mi sono impegnata ed ho scoperto un mondo fantastico che mi permetteva di fare tanto di più, di organizzarmi, perdere meno tempo, aprirmi a nuove possibilità.
È stato come addentrarsi in un mondo fantastico: i primi link su Internet, le ricerche, lo scoprire che un piccolo schermo riusciva a mettermi in contatto con il mondo conoscendo tanto di più. E poi, attraverso i social avere la possibilità di ritrovare persone, riallacciare contatti, farmi conoscere nel mio lavoro, avere scambi, fino ad arrivare ad oggi dove faccio sedute, corsi, incontri, non solo in presenza ma spesso online, aiutata anche dal periodo del covid, quando, se non ci fosse stata questa modalità, si sarebbero persi tanti rapporti ed il periodo sarebbe stato ancora più angosciante di quello che realmente è stato.
Tutto era affidato ad una penna
Rifletto ancora: anche in questo momento, mentre le mie dita scorrono veloci sulla tastiera, penso a quando tutto era affidato ad una penna e fogli di carta e ci voleva tanto più tempo.
Tempo, questo piccolo termine, così utilizzato e, spesso, sprecato.
È vero, oggi, per fare tante attività, ci vuole meno tempo, tanto che possiamo risparmiarlo, dilatarlo, farlo diventare sempre più nostro, ma perché? Per lavorare di più e guadagnare maggiormente? Così possiamo comprare, possedere, spesso su siti che invogliano ad avere qualcosa che la maggior parte delle volte è superfluo ma estremamente invitante ed affascinante?
In effetti posso affermare serenamente che mi ritrovo spesso a chiedermi il perché di certi momenti dove acquistare diventa quasi compulsivo, dove tutto deve essere fatto in un certo periodo di tempo che posso cercare di ottimizzare per poterne avere di più.
Ricordo una poesia che si chiama Ti auguro tempo; quante volte l’ho letta, regalata, conservata, cercando di augurarmi tempo, ricavarlo dalle ore di lavoro e da tutto ciò che devo fare ogni giorno. Ho scoperto che posso prendermelo e riuscire ad andare oltre ad una voce interna, il caro, vecchio «Super Io», che per tanto tempo mi ha imposto di fare, fare, fare, con quel senso del dovere mai scelto, ma imposto da vecchia educazione e stile di vita. Ho scoperto che al tempo d’oggi, il senso del dovere porta a dilatare il senso del piacere, in una ricerca spasmodica di spensieratezza che non esiste più nemmeno tra i più giovani.
Nelle mie sedute, con i ragazzi soprattutto, avverto questo senso di ricerca di un qualcosa che soddisfi, che nutra, dando serenità e gioia.
Purtroppo, spesso, tutto è ridotto, come già affermato, a «consumare» cose o, peggio, persone. C’è una ricerca quasi ossessiva di piacere, per sconfiggere la «Noia», sensazione che fa da padrona di questi tempi. Si mangia per noia, si hanno rapporti sessuali per noia, per provare qualcosa di speciale, si beve per noia, non trovando più la piacevolezza di fare qualcosa per vivere ed assaporare sensazioni piacevoli e gratificanti.
Ecco, credo che l’Anima di questi anni sia proprio questo: una combinazione di apertura, curiosità, voglia di conoscere, che però, si scontra con una mancanza di reali desideri e, soprattutto, ascolto dei propri bisogni. Nonostante tutte le novità e le possibilità che questi anni hanno portato, osservo quanto dolore ci sia tra i giovani ma anche tra le persone adulte, riguardo al non rispetto dei propri bisogni, desideri, aspettative. Mi vengono in mente gli occhi di una ragazza, colmi di lacrime, che non si permette di rivelare il proprio orientamento sessuale, probabilmente non così chiaro nemmeno a se stessa, ma che avverte, tragicamente, come non condivisibile. Ecco che allora mi ascolto e provo un profondo senso di sofferenza per personcine così fragili, compresse da un mondo fatto di parole, immagini, senza contatto, se non sotto effetto di alcol e musica assordante.
Riprendersi la vita
Mi chiedo cosa si possa fare, cosa io possa fare, nel mio lavoro, nel contatto con le persone, nel tempo delle mie sedute, ma anche nella mia vita con chi incontro e frequento. Credo che ci voglia tanto coraggio, che occorra riscoprire un’Anima diversa, forse ridarle valore, ascoltarla.
Forse c’è da provare a ritrovare tempo per noi e le nostre relazioni, e come si insegna nella Mindfulness, nota attività di questi ultimi anni, un po’ di moda ma molto utile, imparare a darsi tempo, ritrovando una propria interiorità, alzando la testa dalle mille cose nelle quali siamo impegnati, lasciando il cellulare, prediligendo momenti nei quali si possa meditare, nel senso di essere nel qui e ora, godendo del presente. Non è impossibile farlo, ma ci vuole tempo e impegno, prediligendo momenti di ascolto di noi stessi, dei nostri bisogni, di ciò che ci rende felici e di ciò che possiamo evitare perché inutile e spiacevole. Ritrovare noi stessi, ritrovare gli altri, ritrovare momenti unici e speciali.
Concedersi tempo, ascoltare il proprio respiro, basilare e irrinunciabile per sentirsi sereni, appagati, in equilibrio con noi stessi e il mondo circostante.
Dimenticarsi ogni tanto di Internet, App, cellulare, social.
Ascoltare della buona musica, magari da un vinile, con il rumore della puntina che scorre.
Riprendere una penna in mano e scrivere in corsivo.
Riprendere vecchie ricette e cucinare usando le mani, senza tanti strumenti, magari ricordando a mente quello che si è imparato un tempo dalla nonna o dalla mamma.
Camminare, accorgersi dei nostri piedi che toccano il terreno, del vento o del sole sulla pelle, ascoltando il rumore dello stormire delle foglie, gli uccelli, e di tutto ciò che accade intorno.
Ritrovare vecchi modi di stare al mondo integrandoli, mettendoli in accordo con i nuovi, cercando un’armonia che porti serenità.
Ecco, forse è questa l’Anima che possiamo cercare, quella giusta integrazione tra vecchio e nuovo, tra qualcosa di un secolo fa e ciò che questi anni 2000 hanno portato fino ad ora. Un’anima che nutra, rassereni, colga il meglio e aiuti le nuove generazioni a ritrovare un senso alla propria esistenza, con dignità, rispetto, autorevolezza e senso di appartenenza ad un mondo migliore.
Il miglior augurio che posso fare, con il senso di un’Anima nuova è quello che scrive Elli Michler nella sua poesia Ti auguro tempo: «Non ti auguro un dono qualsiasi, / ti auguro soltanto quello che i più non hanno. / Ti auguro tempo, per divertirti e per ridere; / se lo impiegherai bene potrai / ricavarne qualcosa. / Ti auguro tempo, per il tuo fare e il tuo pensare, / non solo per te stesso, ma anche per donarlo agli altri. / Ti auguro tempo, non per affrettarti a correre, / ma tempo per essere contento. / Ti auguro tempo, non soltanto per trascorrerlo, / ti auguro tempo perché te ne resti: / tempo per stupirti e tempo per fidarti e non soltanto per guardarlo sull’orologio. / Ti auguro tempo per guardare le stelle / e tempo per crescere, per maturare. / Ti auguro tempo per sperare / nuovamente e per amare. / Non ha più senso rimandare. / Ti auguro tempo per trovare te stesso, / per vivere ogni tuo giorno, ogni tua ora come un dono. / Ti auguro tempo anche per perdonare. / Ti auguro di avere tempo, tempo per la vita».