di Severino Saccardi

Nel centenario della nascita di Ernesto Balducci, è da riprendere la riflessione sui temi di fondo del suo pensiero: l’uomo planetario e la lunga marcia dei diritti umani. Un cammino (quello cui alludeva Balducci) in cui ha un ruolo oggi centrale l’impegno e la battaglia civile delle Donne non solo per conquistare per se stesse spazi nuovi di libertà, rispetto della propria dignità e diversità, parità di trattamento a livello economico e giuridico, ma per acquisire, per tutti, al di là dell’appartenenza di genere, nuove e più mature forme di relazioni umane.

 

La lunga marcia dei diritti e l’altra «metà del cielo»
È l’«anno di Balducci», il 2022. Il centenario della nascita e il trentennale della scomparsa del fondatore di «Testimonianze». Sarà l’occasione per tornare a riflettere, in maniera non celebrativa, sull’attualità della sua lezione. Sui suoi temi. Sulla questione di fondo che era, per lui, la questione-pace. Perentorie erano, in merito, le sue convinzioni. «Gli uomini del futuro saranno uomini di pace, o non saranno», sta scritto sulla sua tomba, a Santa Fiora, suo paese natale. Diceva anche che la guerra oggi è uscita definitivamente (se mai vi è appartenuta) dalla sfera della razionalità. Nei giorni in cui scrivo queste righe, sono pensieri che tornano alla mente. Grande è la preoccupazione per la vicenda ucraina (sfociata in guerra aperta) e per la gravissima tensione fra mondo occidentale e Russia, che non sappiamo quali sviluppi avrà. La pace, la denuncia delle politiche del mondo fondate sugli armamenti, il lavoro per la distensione e il disarmo erano anche al centro dei Convegni di «Testimonianze» che avevano come riconoscibile parola d’ordine Se vuoi la pace prepara la pace. Una espressione che tornerà, e che verrà ripresa, anche nelle nostre manifestazioni di questo anno particolarissimo. Ma riferirsi al vitale tema della pace (sia per Balducci sia per «Testimonianze») non ha mai significato rinchiudersi nel recinto, autoreferenziale e minoritario, di un generico pacifismo. Essere un «uomo di pace» per l’autore di quel libro-simbolo che è L’uomo planetario1 implicava porsi in un’ottica ampia, nella prospettiva dell’elaborazione di una visione culturale e politica all’altezza dei problemi, delle contraddizioni e delle speranze del «mondo globale». Il che sta a significare che l’«assenza di guerra» (che ha fortunatamente caratterizzato la nostra Europa a partire dal secondo dopoguerra) è una dimensione fondamentale che, in sé, però non basta a dare basi stabili alla pace. Se nel mondo continuerà ad esistere un muro invisibile, ma possente, che separa il Nord del mondo dal Sud e la parte sviluppata da quella in «via di sviluppo» del pianeta e se i diritti umani2 (che è come dire, la libertà e la giustizia) continueranno, a diverse latitudini ad essere conculcati, il conflitto e la sua espressione armata (la guerra) saranno sempre là, dietro l’angolo. Potremmo dire che c’è, in questo senso, un enorme lavoro da fare. Balducci ne aveva piena consapevolezza. Tanto che, negli ultimi tempi della sua vita (la sua improvvisa scomparsa è del 1992), quando il mondo era, certo, cambiato (dopo il crollo del Muro e la fine dell’«era di Yalta»), aprendo le strade ad un’epoca nuova, ma tutt’altro che priva di aspre contraddizioni, scrisse un significativo testo su La lunga marcia dei diritti umani3. È anche avendo in mente questi riferimenti, che «Testimonianze» apre le sue pubblicazioni dell’«anno di Ernesto Balducci» con un volume che ha al centro un’ampia sezione monotematica dedicata al Pianeta donna. È il pianeta donna che sta scrivendo uno specifico e fondamentale capitolo della battaglia per l’affermazione dei diritti umani. Il titolo del volume non vuole suggerire un’idea di separatezza, o un discrimine. È solo un modo per fare riferimento a quella metà (o forse più) della comunità umana del mondo (altra «metà del cielo», come è stata a volte definita) che reclama, insieme, uguaglianza (di trattamento: da un punto di vista giuridico, economico e sociale), pari dignità e riconoscimento di un elemento di diversità. C’è un punto da cui bisogna partire.

 

Il parere di Fortini sul femminismo
Quello che mi precisò Franco Fortini quando, da giovane, andai ad intervistarlo all’Università di Siena, dove insegnava. Disse, dunque, Fortini: «Il femminismo è uno dei fenomeni più importanti e rivoluzionari che si siano manifestati in questi ultimi tempi. Le critiche anche dure che si possono fare a questo movimento (…) non possono far dimenticare la fondatezza storica e politica del movimento nel suo complesso e la sua forza dirompente»4. Era l’anno domini (un anno «caldo») 1977. Il tempo è passato ma la sostanza di quelle considerazioni rimane pienamente valida. Anzi, potremmo dire che il «tema donna» viene a porsi ancora con più forza. È un tema che ha una portata di carattere globale. Una questione «planetaria», appunto. Certo le situazioni da considerare sono, fra loro, enormemente diverse. Ci sono realtà in cui spesso sono assenti i diritti e le libertà fondamentali, dove le donne devono spesso confrontarsi con forme di rigido e arcaico paternalismo (spesso ammantato da motivazioni religiose)5 e ci sono i paesi in cui c’è la democrazia, un libero dibattito anche sulle «questioni di genere» e dove, tuttavia, i passi da fare sono, tuttora, tanti. Certo, come viene sottolineato in alcuni degli interventi in questo nostro volume, i segni del cambiamento si vedono. In tanti ambiti: in quello dell’imprenditoria femminile o nel campo del lavoro e della ricerca di carattere scientifico. Ma sempre, o spesso, come viene ricordato, alla donna è richiesto di fare più fatica e di avere più pazienza (diciamo così) per vedere riconosciuti meriti e competenze. La condizione della donna, nel lavoro è, non di rado, più precaria ed il trattamento economico, più di una volta, non è stabilito su basi di equità. All’altra «metà del cielo», anche nei paesi sviluppati e all’interno degli stati democratici è, insomma, richiesto, ancor oggi, di portare molti pesi. Ma c’è anche l’altra faccia della medaglia. Se è vero, come scrive Tina Marinari, che non c’è un paese per donne, va pure rilevato che ovunque, e in ogni parte del mondo, si manifestano forme di impegno (a volte, in situazioni drammatiche, come in Afghanistan) perché le donne non debbano più procedere a testa china. Ci sono, anche nei paesi arabi e islamici, in Asia, in Africa, fermenti, esperienze, persone che (sia pure in forme diverse dall’Occidente) cercano strade e si espongono anche a rischi personali per conquistare nuovi spazi di libertà e difendere la dignità delle donne.

 

Una questione «planetaria»
È un cammino che afferma il diritto alla tutela della diversità femminile, proiettando tale istanza in una dimensione di universalità. Una dimensione che, però, ha un segno particolare, come ricorda Vittoria Franco parlando di Luce Irigaray, perché essa si configura come «universalità del due». Che si ispira alla cultura dei diritti e della libertà (che vale per tutti gli esseri umani, indipendentemente dall’appartenenza di genere e dall’identità culturale) e insieme vuole custodire, e rivendicare, una specificità. Oggi, tutto questo va ricondotto alla realtà particolare e alla crisi prodotta dalla pandemia, che ha generato problemi di cui le donne pagano i costi più alti. Ma è, questa, una situazione che può anche dare spazio (come sottolinea Emma Fattorini) a quella propensione alla cura che le donne (uscendo dal confinamento cui le si vorrebbe ricondurre) possono recare (al di là della cerchia familiare) come insegnamento all’intera società. Sono questioni e dinamiche complesse di cui gli interventi delle autrici e degli autori della nostra sezione tematica (che ringraziamo) cercano, con una pluralità di voci e di sensibilità di dare conto. C’è nel volume una sezione che si occupa del ruolo e della realtà delle donne, oggi, in diverse comunità e confessioni religiose. Un tema cruciale, importante in sé, da porre al centro dell’attenzione anche in rapporto alla realtà, complessa e delicata, delle migrazioni e dell’inserimento delle donne immigrate in contesti talora notevolmente diversi da quelli di provenienza. Ci sono anche «medaglioni» e ritratti di «grandi donne» che, nel corso del tempo hanno recato (nel campo della scienza, della filosofia, del pensiero politico, della poesia e dell’arte) un contributo vitale, spesso superando incomprensioni e difficoltà, al cammino dell’umanità. Con il lavoro, la dedizione e la genialità, esse hanno anche implicitamente reso un servizio anche alle altre donne, aprendo loro degli spazi e dimostrando, concretamente l’apporto che dal versante femminile può venire all’intera società.
Sono figure ed esperienze di un mondo in cammino (come recita il titolo di un’altra sezione del volume). Tutti gli interventi sul tema sono raccolti nella rubrica Uomo planetario. Che riprende semplicemente, senza nessuna intenzione omologante (nei tempi del «linguisticamente corretto» è forse il caso – sia detto sorridendo – di precisarlo) il titolo del (bel) libro-simbolo di Ernesto Balducci. Il quale rimanda alla dimensione globale e all’interdipendenza in cui tutti siamo immersi.
Nel bene e nel male. Un ambito in cui, come prima dicevamo, fondamentale è sostenere e valorizzare le esperienze che confluiscono nella lunga marcia dei diritti umani. Il percorso (con passi in avanti e battute di arresto, conquiste e momenti di difficoltà) che le donne stanno facendo ha, lo dicevamo, una portata «planetaria». Ed innesca un cambiamento che tutti ci riguarda, non solo perché a tutti dovrebbero stare a cuore diritti e libertà, ma anche perché la vera questione in gioco non è solo quella della condizione femminile nella società, ma quella di una diversa relazionalità fra uomini e donne che può dare un senso nuovo al modo di stare insieme e alla vita stessa di tutti noi.

 

1 De L’uomo planetario, di E. Balducci, è uscita di recente, a cura di V. Mancuso, anche un’edizione per «I libri del Corriere della Sera», Milano 2022, realizzata con la collaborazione della Fondazione Balducci.
2 Erano questi già i temi dei Convegni di «Testimonianze» degli anni Ottanta. V. in prop. gli Atti del Convegno n. 2 del ciclo Se vuoi la pace prepara la pace (del 12-13 Febbraio 1983) dal titolo Nord e Sud / Armi e Fame («Testimonianze» nn. 253-255)  e gli Atti del Convegno n. 3 (del 4 1984) dal titolo Disarmo, Diritti umani, Autodeterminazione dei popoli  («Testimonianze» nn. 264-266).
3 E. Balducci, La lunga marcia dei diritti umani, che «Testimonianze» ha riproposto nel volume nn. 481-482 dal titolo Sul crinale della storia. A confronto con Ernesto Balducci 20 anni dopo.
4 L’intervista, a cura di S. Saccardi, inizialmente pubblicata nel periodico «Progetto» del Maggio 1977, è stata ripubblicata in «Testimonianze» n. 372, nell’ambito di una sezione monotematica (anche questa a cura di S. Saccardi) dedicata A Franco Fortini.
5 Tra i tanti riferimenti bibliografici che, in merito, si potrebbero fare, da ricordare è il «classico» libro-inchiesta su La schiavitù del velo, di G. Sgrena, Feltrinelli, Milano 2008 e, prima ancora, della stessa autrice, La schiavitù del velo. Voci di donne contro l’integralismo islamico, Manifestolibri, Roma 1995.