di Severino Saccardi

L’Europa è chiamata a fare la sua parte in una svolta ecologica che ha un carattere di urgenza e che deve, comunque, tenere conto della complessità dei problemi (rapporto fra sostenibilità e avanzata modernità, questione del consenso, rapporti internazionali) che contraddistinguono il «mondo globale».
Europa verde: non certo un tema di carattere occasionale per «Testimonianze». Che ha mantenuto costante l’attenzione sulla «questione ambiente» in volumi come quelli dedicati a La grande alluvione, a Stili di vita ed etica del consumare, al grande tema dell’acqua, a Aria Acqua Terra Fuoco, a La città ecologica1.
In questo volume, la riflessione sull’ecologia si lega al dibattito sulle scelte e sulle prospettive dell’Europa. Un dibattito che è stato al centro dei convegni che la nostra rivista ha promosso, in questi anni, con «Europe Direct»2.
E sarà nel prossimo Convegno organizzato ancora una volta insieme che (a fine novembre) verranno presentati i contenuti di questo nostro lavoro. Un lavoro in cui c’è la traccia di importanti lezioni ricevute. Come quella di un ecologista ed europeista dell’originalità e del valore di Alex Langer3. O come quella di Ernesto Balducci (di cui l’anno prossimo ricorrerà il centenario della nascita) che ha evocato l’immagine di un uomo non più padrone ma custode della natura. Lo stesso messaggio che viene dalla Laudato si’ di papa Francesco. Sono temi di cui siamo a parlare con un’urgenza nuova. Un’urgenza imposta dalla drammatica evidenza degli effetti dei cambiamenti climatici e delle devastazioni ambientali.
Una svolta è urgente. C’è una «conversione ecologica» da operare che implica un cambiamento di paradigmi antropologici e culturali per porre in primo piano il principio di responsabilità verso la natura e verso le generazioni future. L’Europa può e deve fare la sua parte; questo, il tema che i nostri autori (cui va la nostra gratitudine) hanno messo in risalto.
Qualcosa si è veramente mosso e, come viene sottolineato nelle pagine che seguono, il PNRR rappresenta una scadenza importante per orientare l’economia, lo sviluppo e il modo stesso di vivere della nostra società. Scadenze importanti sono alle porte: quando il nostro volume vedrà la luce sapremo se la COP26 sarà stata all’altezza delle aspettative del nostro tempo della complessità. E complessi, evidentemente, sono i problemi da affrontare. A partire dalle caratteristiche di fondo della scelta che è all’ordine del giorno. L’ecologia, questo è l’elemento inderogabile, non può non essere la bussola del mondo di domani. Ma essa, evidentemente, deve combinarsi con la nostra avanzata modernità. Non può essere nostalgica, e irrealistica, regressione verso forme di vita che non torneranno. Lo sguardo deve essere rivolto in avanti, verso un futuro (e un orizzonte tecnologico) che abbia, questo sì, un segno nuovo. Intorno a tale indirizzo va ricercato un consenso e va costruito un percorso condiviso perché non è certo all’insegna di una qualche torsione autoritaria che possono essere affrontati i pur pressanti nodi che sono sul tappeto. Anche, e forse soprattutto, nell’affrontare i problemi ecologici, la democrazia rimane, indiscutibilmente, un valore universale. Non è, questa, una considerazione scontata4 o di carattere formale se la rapportiamo, come la realtà impone, alle contraddizioni sociali che l’auspicabile «nuovo corso» ecologico (che dovrà comunque procedere in tempi accelerati) quasi sicuramente comporterà. L’Europa (questo siamo, qui, a sostenere) deve fare la sua parte. Ma il problema è di carattere globale. Ci sono partnership da costruire (come quella con il prospiciente continente africano) e ci sono importanti realtà internazionali (a partire dai grandi paesi inquinatori) da coinvolgere in questo cambiamento di rotta. Sono considerazioni che vanno esplicitate per realizzare quanto grande sia la scommessa e quali risorse vanno messe in campo per vincerla.
Risorse non solo di carattere materiale. Bisognerà fare affidamento su un’attenzione nuova agli stili di vita, su una più elevata qualità della politica e su una premura del bene comune capace di prendere a cuore il destino stesso del pianeta.

1 Cfr. Stili di vita ed etica del consumare, «Testimonianze» n. 470 del 2010 ; Il grande tema dell’acqua, «Testimonianze» nn. 478-479 del 2011; La grande alluvione, «Testimonianze» nn. 504-505-506 del 2016; Aria Acqua Terra Fuoco, «Testimonianze» nn. 515-516-517 del 2018; La città ecologica, «Testimonianze» nn. 525-526-527 del 2019.
2 «Testimonianze» ha promosso negli anni, insieme con il Centro di informazione e comunicazione  sull’Europa «Europe Direct», i seguenti convegni, i cui contributi sono stati riportati nei relativi numeri della rivista dallo stesso titolo: L’Europa che noi amiamo (8-9 maggio 2017, n. 524); Cittadini d’Europa (5 marzo 2019, n. 524); Le tre sfide dell’Europa: politica, economia, cultura (30 settembre 2020, n. 534).
3 Cfr. Alexander Langer traghettatore di speranza, «Testimonianze» n. 442 del 2005.
4 C’è inoltre da considerare, particolare davvero non irrilevante, che per affrontare temi di carattere epocale e planetario, come quelli legati ai cambiamenti climatici, paesi democratici e paesi di carattere autoritario dovranno ricercare una convergenza (che è assai improbabile che venga raggiunta su un terreno sempre rispettoso dei diritti di libertà). Colpisce, ad esempio, il monito dell’artista dissidente Badiucao, che invita l’Occidente a fare attenzione a collaborare con la Cina «(…) nella battaglie contro il cambiamento climatico, fatte importando pannelli solari realizzati con il lavoro forzato (…) degli uiguri», in S. Bucci, I miei disegni social all’assalto della Cina,(«La Lettura» del «Corriere della sera», 24 Ott. 20211). Sono questioni sui cui tenere desta l’attenzione e la vigilanza critica.