Un ricordo di don Benedetto Calati (1914-2000)
di Renzo Bonaiuti
Sommarietto: Don Benedetto Calati, priore di Camaldoli da poco scomparso, è stato uno dei punti di riferimento per molti credenti nella Chiesa postconciliare aperta al dialogo e all’accoglienza.
Il 23 novembre ho partecipato insieme a moltissime altre persone alla messa di resurrezione per don Benedetto Calati nella chiesa del Cenobio di Camaldoli. Poi lo abbiamo accompagnato nel luogo di “attesa del mondo che verrà” nel cimitero monastico dell’Eremo.
Don Benedetto è stato per il periodo 1969-1987 priore generale dei Camaldolesi e successivamente, fino alla sua partenza per la casa del Padre, ancora un fondamentale punto di riferimento per il sostegno nella fede di tanti credenti, una delle poche voci profetiche ancora rimaste nella chiesa italiana e un significativo testimone di dialogo e di attenzione e quindi suscitatore di nostalgia verso l’Altro e la fede, per tanti non credenti in ricerca dell’uomo (e quindi anche di Cristo e di Dio).
Durante la celebrazione eucaristica molti hanno espresso il loro ricordo personale o di comunità e di gruppi e la loro gratitudine verso don Benedetto.
Infatti gli aspetti della sua vita da richiamare sono tanti: il suo impegno profetico e innamorato (talvolta inquieto per amore, però mai scoraggiato) per una chiesa conciliare e fedele al Vaticano II; il rinnovamento della congregazione benedettina camaldolese mandato avanti durante gli anni in cui fu procuratore generale e successivamente priore generale; il suo amore alla Parola di Dio presente nella Scrittura la cui comprensione matura attraverso la riflessione e l’azione della comunità cristiana nella storia (come non ricordare la sua formidabile citazione dal suo prediletto Gregorio Magno: Scriptura crescit cum legente); l’azione per il rinnovamento liturgico; l’atteggiamento accogliente e liberante per tante persone in ricerca; l’impegno per fare di Camaldoli e di Monte Giove luoghi di accoglienza e di riflessione dialogante con i laici credenti e non credenti e con le famiglie; la valorizzazione della donna nella chiesa; l’impegno per il dialogo ebraico-cristiano; l’attività di docente, educatore scrittore su temi biblici e patristici….
Testimoni di fede
Personalmente devo dire che se sono ancora “cattolico”, nel senso di appartenente alla confessione cattolico-romana, lo devo alla testimonianza significativa di alcune persone ecclesiali (più che ecclesiastiche) che mi hanno confortato e sorretto nel “credere la chiesa” malgrado gli inverni ricorrenti e le delusioni subentranti alla fiducia.
Posso ricordare prima di tutti Giovanni XXIII e il suo discorso di apertura del concilio (11 Ottobre 1962 che ogni tanto vado a rileggermi), Padre Balducci con la sua attenzione vigile oltre i confini istituzionali, per l’uomo e di conseguenza anche per il cristiano “inediti”, don Angelo Chiaroni, parroco e vicario episcopale a Firenze con la sua capacità di ascolto e di rasserenamento per le persone, la sua predicazione biblica e il suo impegno per l’ecumenismo, anch’egli di recente scomparso.
Assieme a loro sento la viva presenza di don Benedetto che ho conosciuto la prima volta nel 1962 nella sua casetta dell’Eremo (insieme a un piccolo gruppo di allora giovani e a un altro testimone di libertà evangelica , don Luigi Rosadoni) e di cui ricordo la presenza sul tavolo di un volume della Patrologia latina e una riflessione comune sul rapporto tra monaci “annunciatori della Parusia” e laici “testimoni dell’Incarnazione”, ma insieme gli uni partecipi del carisma degli altri in forza dell’unico battesimo che ci fa tutti popolo di Dio. E poi, negli anni i successivi incontri alla foresteria del Cenobio durante gli incontri estivi per le famiglie, il suo partecipare alle riunioni, col desiderio di conoscere problemi, speranze, punti di vista dei laici, degli sposati/e, delle donne, le sue proposte liberanti intessute di Scrittura e del suo prediletto Gregorio Magno, le gioiose omelie della messa del giorno dell’Assunzione, i colloqui successivi in alcuni dei quali gli ho manifestato i miei sentimenti di contentezza per l’evento del Sinodo fiorentino, le sue riflessioni sulla chiesa e sul mondo espresse con la serenità e la libertà dell’uomo di Dio.
Negli ultimi anni don Benedetto era stato colpito nel fisico, ma si era ripreso e la sua capacità di attenzione alle persone e ai problemi del mondo e della chiesa, di dialogo, di sorriso accogliente non era diminuita. Si manteneva intatto il suo atteggiamento di libero uomo di Dio che anche grazie alla sua vocazione radicata nell’antico carisma romualdino-benedettino, sa guardare lontano, con fiducia, speranza e fede, per il “primato dell’amore” di cui è stato annunciatore e testimone efficace..
Alcuni scritti
Ho scritto di don Benedetto quello che mi toccava personalmente: altri hanno cercato di ricordarne più compiutamente la presenza e l’opera, da Andrea Riccardi su “Avvenire”, a un bell’articolo non firmato sull’ “Osservatore romano”, a Rossana Rossanda sul “Manifesto”. Proprio in prossimità della sua partenza è uscita un’intervista edita della Cittadella a cura Raffaele Luise (La visione di un monaco. Il futuro della fede e della chiesa nel colloquio con Benedetto Calati, Assisi 2000).
Altri ancora potranno ricordare in modo “scientifico” e sistematico la sua attività di docente e scrittore di Spiritualità monastica medievale e di Esegesi patristica.
Oggi, mi sembra, il testo che presenta più compiutamente la figura e l’opera di padre Benedetto è Sapienza monastica. Saggi di Benedetto Calati, Studia Anselmiana, Roma 1994, a cura di A. Cislaghi e G. Remondi con prefazione (tutta da leggere) di Innocenzo Gargano. Il volume uscì in occasione dell’ottantesimo compleanno di don Benedetto.