di Dino Castrovilli
Il profilo di un uomo, Giacomo Di Iasio, che ha lasciato il segno nel mondo del giornalismo e della Pubblica Amministrazione, per le sue grandi capacità di giornalista e di organizzatore, per la visione moderna dell’informazione, per la fede nella trasparenza e nella deontologia professionale dei giornalisti, che ha contribuito a formare, attraverso il suo instancabile lavoro, con il lascito di norme, regole di condotta e pratiche professionali che sono ormai patrimonio di tutti.
Mio vecchio amico di giorni e pensieri,
da quanto tempo che ci conosciamo…
(F. Guccini, Canzone per Piero)
Giacomo Di Iasio non era un inviato di guerra, eppure è caduto sul campo, o, detto in gergo un po’ burocratese, nell’esercizio delle sue funzioni: è caduto letteralmente a terra nella saletta delle conferenze stampa (intitolata a Indro Montanelli, altro giornalista di razza con cui Giacomo aveva non poche cose in comune) il 15 luglio del 2010, mentre con Vincenzo Ceccarelli, allora presidente della Commissione Ambiente e territorio del Consiglio regionale della Toscana, stava «limando» il comunicato stampa finale dei lavori della Commissione, appena conclusi. Sembrava un collasso, o un attacco di epilessia (di cui non soffriva): ha ripreso lucidità, lo abbiamo portato immediatamente al Pronto Soccorso di S. M. Nuova e lì, in un paio d’ore, gli hanno trovato un tumore al cervello che lo ha consumato fino al 15 novembre 2011. E pensare che il giorno dopo dovevo accompagnarlo, per fargli coraggio, ad un Istituto di analisi per una risonanza magnetica alla testa forse troppo a lungo rinviata. Rinviata perché, con l’eccezionale generosità ed energia che gli erano proprie e che in questo caso erano state spinte ancora oltre, si era occupato di un’altra persona carissima a lui molto vicina che era stata colpita con qualche mese di anticipo da un’altra tremenda malattia.
Caduto sul campo, dunque, dove ha voluto rimanere fino all’ultimo, fino a che ha potuto. Come ricorda meglio Enrico Paissan nel suo contributo, poche settimane prima di morire, quasi del tutto impedito a muoversi, Giacomo ha voluto essere presente a Trento al seminario di studio su Informazione ed energia: premio e seminari di formazione, alcune delle sue «creature».
Grande giornalista e grande organizzatore
Nato a Cetona (SI) il 30 settembre del 1953, laureato in Scienze politiche a Siena (dove abbiamo condiviso casa, alcuni insegnamenti universitari, lotte studentesche e soprattutto interessi culturali e amicizie, che, con la sua allegria, la sua battuta pronta e la sua cultura era straordinariamente abile a intraprendere), Giacomo era un giornalista nato ed anche, virtù forse un po’ rara nella categoria, un grandissimo organizzatore. Solo tre esempi: dal marzo 1997 al giugno 2001 è stato responsabile del «Servizio informazione ed ufficio stampa» della Conferenza Stato-Regioni e della Conferenza unificata, un ufficio che fino ad allora non esisteva e che quindi non produceva nessuna informazione esterna; nel 2000, per conto della Presidenza del Consiglio dei ministri, è stato responsabile della sala stampa dell’evento Riformismo mondiale nel XXI secolo (Firenze, 2000) a cui partecipano i Capi di governo di Italia, USA, Germania, Gran Bretagna, Francia e Brasile, a cui hanno assistito 900 giornalisti accreditati; come Assistente per la comunicazione del Coordinatore nazionale dei Presidenti dell’Assemblea, dei Consigli regionali e delle Province autonome, in occasione dell’allargamento dell’UE a 25 Paesi, è stato responsabile dell’Ufficio stampa dell’Incontro delle regioni europee a Firenze, nel quale venne sottoscritta la Carta delle Regioni dì Europa sui principi di democrazia, decentramento e coesione.
Tantissime le testate con cui ha collaborato, con generosità e senza snobismo alcuno: da «La città valdichiana» di Montepulciano a «l’Unità», e «Il Tirreno», da «Firenze la Sera» (di cui era caporedattore) a «Il Sole 24 ore». Innumerevoli gli uffici stampa, per autorevoli istituzioni pubbliche (dalla Presidenza del Consiglio dei ministri alla Regione Calabria) e prestigiosi soggetti privati (dal «Centro Affari e convegni» di Arezzo, all’«Ente Fiera» di Vicenza); irraggiungibile la sua capacità, che rasentava la mania, di documentarsi su tutto e di assicurarsi che ogni singolo passaggio dell’evento fosse seguito con precisione assoluta. Aveva (abbiamo) avuto dei maestri, nell’imparare a scrivere e a organizzare – da Mario Guidotti, a lungo con Sandro Pertini, a Enrico Zanchi, il nostro «capo» all’Ufficio stampa del Consiglio Regionale della Toscana – ed è stato egli stesso un maestro, caratterizzandosi tra l’altro – ne ho fatto le spese anch’io! – nel saper tenere ben distinte l’amicizia e comunque il rapporto umano dal lavoro, dalle cose che era stato detto di fare e di farle in tempi e modi ben definiti.
Non posso concludere senza ricordare la sua determinazione/ostinazione, anche questa leggendaria tra chi lo ha conosciuto e frequentato: a volte gli ha creato delle forti antipatie e resistenze (i poteri forti «burocratici», come dice bene Banchini), ma ha fatto sì – lo documentano alcuni dei contributi di questa Sezione – che la sua visione modernissima dell’informazione, della trasparenza, della deontologia dei giornalisti si affermasse, producesse norme, regole di condotta e pratiche professionali che a volte tendiamo a considerare come acquisite da sempre e che invece sono alcuni dei tanti indimenticabili doni che Giacomo Di Iasio ci ha lasciato.