25 Aprile
Ernesto Balducci e i “Martiri di Niccioleta”
Quest’anno, il 25 Aprile, ricorrono 17 anni dalla scomparsa di Ernesto Balducci, teorico della cultura della pace, dei diritti e fondatore di “Testimonianze”.
Per singolare coincidenza la data della sua morte coincide con la celebrazione della festa della Liberazione.
Unendo insieme i due riferimenti pubblichiamo alcuni brani di un testo che Balducci dedicò ai “martiri di Niccioleta” poveri minatori della sua terra amiatina e della Maremma (alcuni dei quali suoi ex-compagni di scuola), fucilati dai Nazisti nel 1944 e sepolti a pochi metri da lui nel cimitero di Santa Fiora.
Ernesto Balducci e i “Martiri di Niccioleta”
“Quarant’anni fa, la sera di 14 giugno 1944, a Castelnuovo Valdicecina, presso Larderello, furono fucilati dai nazisti 77 minatori, prelevati la notte precedente dal villaggio operaio della Niccioleta” (…). “Ho sotto gli occhi l’elenco dei 77 (anzi degli 83: sei erano stati fucilati al momento dell’arresto) e leggo, con lo sgomento che sempre provo quando ripenso all’episodio, il nome delle vittime. Segno con il lapis quelli dei miei compaesani. Sono 23. La metà sono dei miei compagni d’infanzia e alcuni dei miei compagni di classe o almeno di scuola: Battisti Eraldo, Bertocci Sergio, Mondani Rinaldo… Più giù Moretti Luigi, che stava nel banco dietro di me, nell’aula dalla cui finestra si vedeva il profilo di Monte Labbro, con la torre diroccata di David Lazzaretti, il profeta fantasioso dei dannati di quelle terre. Eravamo, a Santa Fiora, quasi tutti figli di minatori. Se non avessi seguito un’altra strada sarei stato sicuramente anche io nell’elenco delle vittime.” (…)
“Quando le 23 bare, qualche anno dopo, vennero portate al nostro paese, un urlo si levò dalla folla. Io ero stretto fra la gente. Non ero uno spettatore. Ero un traditore. Me ne ero andato per una strada dove uno passa per rivoluzionario solo perché scrive un articolo coraggioso che potrebbe perfino impedirgli la carriera. Quando più alto si fa in me il fastidio morale per questo mondo, mi capita di tornare a quegli anni lontani, in quella piccola scuola invasa dalla tramontana, dove l’ideologia della prepotenza cercava di corromperci. Non c’è riuscita. Ma mentre Eraldo, Mauro, Luigi e gli altri hanno pagato con la vita la fedeltà al vero, io, noi sopravvissuti, che andiamo facendo? Celebriamo la Resistenza, che fu un immenso, glorioso sogno di pace, e nel frattempo lasciamo che i “nazisti dell’anno duemila” vadano disseminando su tutto il pianeta gli ordigni della morte. Questo sì che è un tradimento.”
Ernesto Balducci, da Il sogno di una cosa a cura di Lucio Niccolai, Ed. “Cultura della Pace”